La codifica amigdaloidea della gerarchia sociale confuta una tesi accreditata

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 24 febbraio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’espressione “cervello sociale” (social brain) è entrata nell’uso comune a partire dalla metà degli anni Ottanta, quando Michael S. Gazzaniga, allievo di Roger Sperry e grande protagonista degli studi su pazienti con cervello diviso, pubblicò a New York un resoconto di quella straordinaria stagione della ricerca neuroscientifica con il titolo The Social Brain. Un po’ superficialmente si può credere che quella definizione sia stata scelta esclusivamente quale efficace sintesi della teoria modulare del cervello formulata nel libro: “I dati clinici e sperimentali indicano che la nostra vita mentale equivale a una ricostruzione delle attività indipendenti dei molti sistemi cerebrali che noi tutti possediamo. Una confederazione di sistemi mentali è quella che ha sede dentro di noi. Metaforicamente, noi esseri umani siamo più un’entità sociologica che una singola unità psicologica unificata. Abbiamo un cervello sociale”[1]. Ma una lettura attenta consente di rilevare, fin dalle prime righe della prefazione, un secondo significato: “Questa è la storia di una scoperta scientifica, della sua evoluzione e in ultima analisi del suo effetto sulla mia personale comprensione dei processi sociali”[2].

Nel tempo, l’ambito di studio delle basi neurali di tutti i processi e i comportamenti legati all’interazione di un animale con individui della propria specie, dai rapporti riproduttivi alla vista dell’estraneo, è stato definito “sociale”. Sulla base di osservazioni derivate da studi sull’uomo, in parte estesi al confronto con primati sub-umani, è stata formulata l’ipotesi, poi divenuta una tesi condivisa da un numero considerevole di neuroscienziati, che l’informazione sociale nel suo complesso sia elaborata da un insieme distinto – e in un certo senso separato – di sistemi neuronici, ai quali si dà il nome di “cervello sociale”.

Fra i dati neurofisiologici a supporto della tesi di un complesso funzionale encefalico specificamente dedicato alle esperienze di interazione, si cita l’esistenza nella nostra specie di un’area corticale, in corrispondenza del giro fusiforme sulla faccia inferiore della superficie dell’encefalo, specializzata nella codifica dei caratteri dei visi umani (area dei volti) ed essenziale per il riconoscimento. Non è noto, però, se esistano sostrati neuroanatomici specifici per variabili sociali complesse o astratte, come può essere il riconoscimento del ruolo sociale di un interlocutore. Per questa ragione, è di sicuro interesse un nuovo studio condotto da Munuera, Rigotti e Salzman per individuare nei primati i circuiti che codificano le informazioni relative al rango gerarchico in seno a un gruppo sociale di un membro della propria specie.

(Jérome Munuera, Mattia Rigotti & C. Daniel Salzman, Shared neural coding for social hierarchy and reward value in primate amygdala. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-018-0082-8, Feb. 19, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, Department of Psychiatry, Columbia University, New York, NY (USA); Kavli Institute for Brain Sciences, Columbia University, New York, NY (USA); New York State Psychiatric Institute, New York, NY (USA); Zuckerman Mind Brain Behavior Institute, Columbia University, New York, NY (USA); IBM T. J. Watson Research Center, Yorktown Heights, NY (USA).

Munuera e colleghi hanno trovato nell’amigdala di primati l’evidenza di una codifica di rilievo sociale.

L’amigdala è stata a lungo considerata solo in relazione a processi affettivo-emozionali, e se negli ultimi cinquant’anni è divenuta il riferimento principale per lo studio delle basi neurali della paura e di reazioni assimilate, quali l’ansia o “paura senza oggetto”, in un passato più remoto era stata individuata quale centro dell’aggressività e distrutta in detenuti statunitensi con interventi neurochirurgici divenuti tristemente famosi[3].

Le amigdale dei due emisferi, che mostrano interessanti asimmetrie funzionali oggetto di studio, hanno rappresentato la chiave per comprendere il modo in cui il pericolo è elaborato dal nostro cervello[4], ma la loro partecipazione a processi cognitivi indipendenti da reazioni emozionali, o “limbiche” come le si definiva un tempo, è stata provata solo di recente. Nel 2011, uno studio condotto con la supervisione del celebre neurobiologo Christof Koch, allora al CIT di Pasadena, ha dimostrato per la prima volta nell’uomo, mediante la registrazione individuale di 489 neuroni dell’amigdala in 41 pazienti neurochirurgici, che l’amigdala di destra produce una risposta selettiva e specifica alle immagini della categoria degli animali[5].

Per collocare nel quadro dell’anatomia funzionale del cervello il ruolo dell’amigdala, può essere utile aver presente le nozioni principali su questo aggregato nucleare telencefalico, che troviamo sintetizzate nel brano seguente, già altre volte riportato.

“L’amigdala o corpo nucleare amigdaloideo[6] è un agglomerato nucleare pari e simmetrico grigio-rossastro a forma di mandorla del diametro di 10-12 mm, situato nella profondità dorso-mediale del lobo temporale, in prossimità topografica della coda del nucleo caudato, ma non collegata fisiologicamente al controllo motorio e procedurale dei nuclei del corpo striato. L’amigdala, da una parola greca che vuol dire mandorla, occupa la parte anteriore del giro paraippocampico e la parte iniziale dell’uncus, sporgendo davanti al corno di Ammone. Descritta in anatomia con i nuclei della base telencefalica, al suo interno è composta da agglomerati di pirenofori che formano una dozzina di piccoli nuclei classificati in vario modo, anche se più spesso ripartiti in tre aree: amigdala laterale (AL), amigdala centrale (AC) ed amigdala basale (AB). In neurofisiologia l’amigdala è tradizionalmente considerata parte del sistema limbico ma, come è noto, la concezione di Paul McLean secondo cui l’insieme delle aree filogeneticamente più primitive costituiva una unità funzionale, detta anche cervello emotivo, è venuta a cadere nel tempo e l’amigdala è stata indagata spesso separatamente o nei suoi rapporti con aree neocorticali. Anche se negli ultimi decenni è stata studiata soprattutto in relazione alla paura e all’apprendimento della paura condizionata, i suoi sistemi neuronici intervengono in una gamma considerevole di processi, quali quelli relativi al conferimento di valore d’affezione a stimoli percettivi, alle associazioni con stimoli sessuali, alle risposte di attenzione motivata in chiave di interesse edonico o di allerta e di allarme. Inoltre, come faceva rilevare il nostro presidente, numerosi studi suggeriscono che questo complesso nucleare, con le sue estese connessioni, svolga un ruolo critico nella regolazione di vari comportamenti cognitivi e sociali, oltre che affettivo-emotivi[7].

Salzman, Munuera e Rigotti hanno rilevato nella stessa popolazione neuronica dell’amigdala di primati che codifica la ricompensa non collegata a stimoli sociali, la codifica del rango di individui nella gerarchia sociale. In contrasto, la regione orbitofrontale della corteccia prefrontale e la parte anteriore della corteccia della circonvoluzione del cingolo mancano di una forte rappresentazione del grado nella gerarchia sociale, pur continuando a rappresentare i valori di ricompensa.

Questi dati sono in aperto contrasto con la tesi del “cervello sociale”, secondo cui sistemi neuronici specifici e distinti, se non proprio esclusivamente dedicati, medierebbero tutti i processi connessi con l’interazione fra membri della stessa specie. Invece, si è rilevato che un’informazione importante quale quella del rango sociale, dalla quale dipende il valore di un soggetto, ossia il significato funzionale che l’individuo ha all’interno del gruppo di appartenenza, è associata nell’amigdala alla ricompensa indipendente da stimoli sociali. In altri termini, questa codifica sembra avvenire in un’area di una rete del tutto diversa da quella ipotizzata quale base del cervello sociale.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-24 febbraio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Michael S. Gazzaniga, Il Cervello Sociale – Alla scoperta dei circuiti della mente (The Social Brain – Discovering the networks of the mind. Basic Books Inc., New York 1985), p. 4, Giunti Barbera, Firenze 1989.

[2] Michael S. Gazzaniga, op. cit., p.3.

[3] La traccia rimasta nella cultura popolare americana si riconosce in un fumetto di “Batman”, L’ombra del pipistrello, in cui compare un mostro furioso chiamato Amygdala, come il “complesso di nuclei del cervello che controlla i sentimenti di rabbia” (v. Note e Notizie 17-09-11 Amigdala umana risponde a categorie di animali).

[4] Le informazioni visive e uditive elaborate da talamo e corteccia giungono all’amigdala laterale che, se riconosce elementi di pericolo, attiva l’amigdala centrale, che avvia le risposte neurovegetative e comportamentali dello stato di paura. Si conoscono due vie: una diretta, talamo-amigdala, e una indiretta che passa per la corteccia cerebrale.

[5] Note e Notizie 17-09-11 Amigdala umana risponde a categorie di animali.

[6] L’esposizione che segue è tratta da un brano di una relazione tenuta nel 2010 dal presidente della Società Nazionale di Neuroscienze (si veda in Note e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal DSM – quarta parte).

[7] Si veda in Note e Notizie 10-09-11 Amigdala più grande nei figli di donne depresse.